giovedì 19 aprile 2012

Un macello, un mattatoio, una corsa al suicidio più spettacolare. Mi sento un palazzo diroccato, di quelli vecchi, vissuti, fieramente fatiscenti. Piantati al centro della città, affiancati a strutture vittoriane e al design più moderno, appaiono come il fallimento dell'umanità. Stanno lì, paradigmi di un'epoca. Il mio corpo, il mio stato d'animo, subiscono esattamente lo stesso degrado ed emanano le stesse, identiche radiazioni a base di autocompatimento: la sensazione, guardando questi edifici, è che siano sempre stati così. Finché non vengono abbattuti, a mala pena li si nota. Magari, nei momenti più malinconici, hanno la stessa funzione di una pacca sulla spalla. Una nota di comprensione. Ma se l'intero mondo si sbellica dalle risate, tu, ammasso di intonaco butterato, sei solo un colore fuori posto. La macchia sull'obbiettivo, che, poi, si proietterà al centro della fotografia di un arcobaleno. Determinate cose nascono proprio come elemento di disturbo. Voglio sparire, ma non riesco a fermarmi.
[Maybe: 3147.17].

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Isegoria.