sabato 21 aprile 2012

8.16

Il senso di colpa è troppo fresco per concedermi nuovi errori, per cui mi sento abbastanza tranquilla nel pubblicare adesso - nemmeno metà giornata - questo post. Due caffè a braccetto con le loro bustine di edulcorante da tavola. Fine. Prometto a me stessa di non superare mai più le cinquecento Kcal. Prometto di arrivare a mala pena alle cinquanta. Se sono magra posso affrontare qualsiasi cosa, dice la Fathallah. Per quanto mi riguarda, sono disposta a discuterne: mi considero assolutamente in grado di imbastire un dialogo a proposito di tutto questo degrado.
Ritengo che sia una cosa giusta?
No, affatto. Allora perché? Perché sento questo bisogno incessante di distruzione? E' semplice, forse troppo per essere accettato. Non me la sento di prendere parola per tutti coloro che soffrono di disturbi alimentari, ma, questo genere di disagi, nasce dalla compensazione. Ne ho già parlato in precedenza, mi pare. A questo fattore, segue l'ossessione. Si comincia col fissare un obbiettivo, un numero specifico nel quadrante luminoso della bilancia. Quarantotto. Perfetto. Ma, una volta raggiunto, la soddisfazione appare ancora come un fantasma senza contorni, avvolto nella nebbia: lontana, insomma. Allora si prosegue con i calcoli scrupolosi delle calorie, dei grammi, dei litri: bottiglie su bottiglie di acqua - rigorosamente con proprietà diuretiche - per riempire lo stomaco, niente cena, pranzo leggero, colazione ancora umana. Ma l'ossessione è una bestia avara. Quindi, eliminiamo anche il pranzo: è un sacrificio come un altro, non ne consegue nemmeno troppa sofferenza. Datele il tempo di una settimana, e la belva pretenderà anche di diminuire la colazione. Risultato? Quarantacinque chili. Suona bene, ma il quadro generale si presenta ancora saturo di zuccheri, grassi, fianchi e gote eccessivamente rotondi. Fu così che sparì la colazione. Sì, può apparire crudele, barbaro, ma posso giurare che non è così facile prendere coscienza di ciò che si sta facendo. La progressione degli eventi è troppo rapida per poterla comprendere con immediatezza. Quando si raggiunge un regime tanto dittatoriale, gli sgarri sono inevitabili. Boom. Scoppia la bomba, il tuo piede ha schiacciato il dorso di una mina ben nascosta dalla sabbia. E ancora non conosci il peggio. Il senso di colpa è vibrante, palpita sotto ogni centimetro di pelle. Per un po' non farai più nessun errore, si torna al fascismo nutrizionale. Ma, come ho detto, le sommosse sono inevitabili. Arriva il secondo sgarro, poi il terzo, poi il quarto. Poi si aumenta di peso. A quel punto, crolla ogni cosa. Crolli tu. - Compensazione; - Ossessione; - Senso di colpa; E, eccolo, il - Circolo vizioso. Più errori si commettono, più le regole diventano severe. Digiuni di settimane che scatenano abbuffate di tre giorni - e queste, a loro volta, ti prendono in braccio per condurti direttamente al pronto soccorso, fra le convulsioni per indigestione. A livello teorico, questo dovrebbe mantenere un peso abbastanza basso, considerando il lasso di tempo passato senza ingurgitare alcunché: sbagliato. Il tuo metabolismo è in letargo, basta un grammo di zucchero per aggiungere un chilo e mezzo. E' questa l'essenza del circolo vizioso. E' questo il passaggio alla bulimia nervosa, all'abuso di lassativi, ai tentativi di vomito, al fisico spezzato a metà.
Perché non ti fai aiutare?
Perché 'cura' e 'soluzione', nella tua mente, non coincidono. Tu vuoi la tua magrezza, il tuo ideale di corpo, di felicità, di perfezione. Loro vogliono restituirti una vita normale. Il problema è che, affidandoti a
uno stile alimentare sano, sai di dover ingrassare. Inevitabilmente. E' come fare un salto nel vuoto. Vorresti liberarti di tutte le angosce, di quell'istinto triviale che ti spinge a leggere la tabella calorica dietro i cereali della dispensa; vorresti davvero. Ma non puoi. Semplicemente, non è possibile. Non ne hai il coraggio. Io non ne ho il coraggio.
Preferisci morire?
Risposta: non lo so. Pensiero che accompagna la risposta: sì. Assolutamente sì.

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Isegoria.