venerdì 28 dicembre 2012

No surprises.

Feste di merda. Posso dirlo? E' peccato? Natale inopportuno. 
Sono atea. Atea fino al midollo. Profondamente, ripetutamente, eternamente atea. 
Non ho bisogno di festeggiare la nascita di una persona in cui non credo abbuffandomi come una bestia da macello. Non ho bisogno di una famiglia di cui non faccio parte seduta al tavolo, con il ragù sul mento, le briciole di crostata nei capelli e le unghie sporche di filetto. Non ho bisogno dei loro auguri, non ho bisogno dei loro sorrisi melensi, finti di quella finzione che sfreccia e ti lascia inerte, incollata ad una sedia su cui non vorresti mai esserti seduta.
Non ho bisogno delle loro candele profumate e dozzinali da: "Beh, c'è crisi, ma un pensierino ve l'abbiamo preso", quando sappiamo tutti che il vostro schifoso stipendio da avvocati l'avete incanalato in una settimana bianca, (settimana che si prolungherà sino a febbraio). Non ho bisogno dei vostri numeri di telefono, conficcati nel panettone di turno, per trovare un nuovo lavoro a mia madre. Non ho bisogno delle vostre occhiate, dei vostri commenti da: "Ti trovo bene, finalmente hai preso qualche chilo! Dai, prendi un altro piatto di pasta!". 
Feste di merda. 
Il calore del Natale - Natale laico, quello segnato dalla mancanza di consumismo, religione e buonismo; quello privo di convenzioni, piacevole: una casa, tre persone che possono riposarsi e un abbraccio. - non lo sento da una vita. 
Non esiste più. 
Da piccola? Non ho mai ricevuto un regalo. Ero la quintessenza dell'allegria, avevo un albero colorato, avevo un camino, avevo i miei genitori e avevo un gatto: basta. I regali mi arrivavano durante l'anno, quando capitava. Quando mia madre si sentiva fiera e mi comprava un libro illustrato. Quando mio padre vedeva qualcosa che sapeva mi sarebbe piaciuto, e allora lo comprava. 
Il Natale non era né un pranzo più abbondante del solito, né un'orgia di pacchi e nastri: era uno spicchio di tempo in cui   potevo monopolizzare l'amore dei miei genitori, finalmente privi dall'onere della fabbrica e dell'officina. 
Ora no, ora è pura vergogna. 
Ora è una casa piena di cibo e di gente, con la televisione accesa e un frastuono assordante di sottofondo. 
E' vuoto. 
Vuoto di tutto, tranne di stronzi che ti imboccato.
Perché, non vedendomi mai, si sentono in dovere di rifilarmi tutto ciò che hanno imparato a cucinare nell'arco di un anno. 
Le loro nuove ricette, i loro nuovi esperimenti.
Sono un criceto obeso che gira in una ruota addobbata a festa. 
Avevo lo stesso sguardo che, probabilmente, aveva Charles Manson guardando Sharon Tate, prima di mandare i suoi a fare la strage. 

Sì, sono più volgare del solito. Sì, non ho mai scritto niente di così rabbioso. Sì, ho mangiato. 
Mangiato come non mai, mangiato per giorni.
Mangiato per dimenticare, per finire all'ospedale e non tornare più a casa. 
Ma, già, il mio stomaco si è dilatato, ora ci sta di tutto, non sono più i tempi d'oro.

Credo sia stato il mio terzo tentativo di suicidio. 
Il primo convintissimo e quasi riuscito. Il secondo più simbolico che altro. Il terzo veramente, veramente disperato. 
Stavo cercando di distruggere. 
Di perdere. 
Di crollare. 
Collassare psicologicamente e fisicamente.

Ma, ovviamente, non è andata come desideravo. 
No alarms and no surprises.

Quindi eccomi qui, con il d.a. quotidiano, con il grasso accumulato, con lo stress, con la rabbia, con la delusione, la disillusione, la vergogna, il ripudio. 

Due caffè, cinquanta grammi di insalata scondita e un tè. 

4 commenti:

  1. Parole SACROSANTE!!Lo amo questo post giuro!Però mi dispiace tantissimo sentirti così furiosa e amareggiata.Pensa che è quasi passato ormai adesso le feste termineranno e anche se rimarrà del grasso anche quello si eliminerà.A tutto c'è un rimedio piccola.Sii forte!Ti sono vicina.Un abbraccio forte

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  2. Natale, come tutte le altre feste, è diventato un cliché terribile, strumentalizzato per far spendere i soldi alla gente. Io non son cattolica, per cui non mi importa di festeggiarlo, ma di solito lo colgo come occasione di stare con la mia famiglia, che vedo poco. Mi fanno incazzare un sacco di cose però: la falsità dei mille auguri ricevuti sul cellulare giusto perché "si deve" (gente che ha il coraggio di augurarti Buon Natale il giorno dopo, e avresti voglia di rispondergli chiedendo se è effettivamente cosciente di cosa significhi augurare una buona giornata), persone che si sentono obbligate a fare regali a fidanzati vari e che non ne hanno la minima voglia, parenti meridionali che misurano l'affetto in base al cibo che riescono a farti entrare nello stomaco.
    Dall'altra parte però vedo anche il mio fratellino che mi salta intorno come una buffa scimmietta, le mie cuginette che diventano delle adolescenti, i miei zii che invecchiano e mi sento serena e tranquilla, perché so che per un giorno sono a casa, dove tutti mi vogliono bene e posso rilassarmi e abbassare le difese.
    Prova a vedere il rosa delle cose :)

    Un bacione!

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  3. ricordo ancora quando verso aprile, maggio ti leggevo sempre; in continuazione!
    poi ti ho perso di vista..probabilmente nemmeno ti ricordi!Ora ti ho ritrovata in mezzo alle tante!

    Conosco ciò che provi, e conosco anche quella sensazione di vuotezza e ipocrisia che vivi durante questi giorni: il mondo si ferma, tutto si ferma.Tutto lascia spazio all'inutile.Inutile tutto quel cibo, inutili tutti quei regali.
    Eppure io sono anche credente...

    contenta di averti ritrovata, Amèlie

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Isegoria.